Ludovico Brea, Pala di Ognissanti

Ludovico Brea, Pala di Ognissanti

Autore: Ludovico Brea

Titolo dell'opera: Pala di Ognissanti

Data: 1513

Ubicazione: Museo della chiesa di Santa Maria di Castello, Genova

Dimensioni: cm. 260x202 (predella cm. 34x202)

Tecnica: olio su tavola

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Descrizione dell'opera

La Pala di Ognissanti [[1]] (nota anche come Incoronazione della Vergine o Paradiso o ancora Vocazione dei giusti) è una delle ultime opere realizzate dal nizzardo Ludovico Brea (Nizza 1450c. - 1522c.) a Genova. Il Brea lavorò come pittore in Liguria e prevalentemente nel Ponente, presso i Domenicani di Taggia dove produsse numerose pale d'altare con influenze lombarde e fiamminghe. L'opera si trovava nella chiesa di Santa Maria di Castello nella cappella della famiglia Spinola detta di Ognissanti, come suggerisce il nome odierno della pala; nel 1847 la cappella fu demolita e in tale occasione il dipinto venne collocato su un altare della navata destra della chiesa dove però era poco visibile a causa dell'altezza e della scarsa luce. Oggi l'Incoronazione della Vergine si trova in una sala del Museo della chiesa insieme alla Conversione di San Paolo, un polittico dello stesso pittore nizzardo.

La pala, dipinta su tavola, fu commissionata da Teodorina Lomellini vedova Spinola; l'opera è firmata e datata 1513 (in basso a sinistra: Ludovicus Brea Niciensis faciebat anno 1513 ) ma il contratto tra la donna e l'artista venne stipulato nel 1500, passeranno quindi 13 anni prima che la pala sia completata, un periodo di tempo troppo lungo anche per un'opera così piena; forse i ritardi nella stesura furono dovuti agli effetti derivati dalla crisi che in quegli anni lacerarono così fortemente i domenicani, a cui il Brea era fortemente legato. Tale opera non può dirsi la più tipica del Brea, ma quella che meglio ne mostra il temperamento, le aspirazioni e le posizioni nel suo tempo. L'artista, come ci dice il Castelnovi, può essere apprezzato per i suoi modi gentili e fini, la cura minuziosa e il ricco colore, ma scopre sempre una poetica modesta e monotona, perfettamente a suo agio nelle pareti di santi incastellati nei polittici, così cari alla committenza più tradizionalista tra Genova e Nizza nel '500. E' evidente che, se questa Incoronazione della Vergine risulta un quadro così impressionante, non sarà per la potenza o la profondità dell'idea, ma piuttosto per l'incontro con la moltitudine delle circa 215 figure, tra santi e fedeli, così precisamente individuate nei tipi e nei costumi, che rende la pala, aggiunge ancora il Castelnovi, un arazzo splendido e prezioso come un oreficeria.

La composizione ha il suo epicentro nella triade divina [[2]], bloccata in una rigida simmetria e isolata nella mandorla come entro un globo di cristallo. Tutt'intorno troviamo i santi e i fedeli, distribuiti in due cerchi concentrici con gli angeli che fanno da elemento di separazione tra di essi: il primo cerchio è quello più lontano dalla scena dell'incoronazione e quindi occupato dai viventi, il secondo è invece quello che rappresenta il mondo celeste. Un perfetto ordine regola la distribuzione dei santi raggruppati o isolati in rispondenze simmetriche e secondo un severo cerimoniale: in alto i profeti e gli apostoli, più in basso le vergini tra i diaconi e i dottori infine,ai lati, i monaci. L'identificazione dei vari personaggi raffigurati è un gioco assai interessante e che ha trovato non pochi estimatori; c'è chi, ci dice Renato Iannacchino, vi ha visto un autoritratto dell'autore, chi modelle botticelliane oppure chi ancora Savonarola, uno dei monaci più famosi dell'ordine dei Domenicani, nascosto negli abiti di un altro ordine monastico. Sarebbe però troppo pretenzioso volere riconoscere una per una queste figure, così accuratamente individuate da far pensare ad autentici ritratti anche più spesso del dovuto, in quanto l'autore evidentemente rifuggì da un impegno tale, che ne avrebbe limitato la libertà nell'impostazione delle figure stesse. Invece ormai è data per certa, come ci suggerisce ancora il Castelnovi, la presenza della committente Teodorina Spinola e dei suoi 2 figli [[3]], fissati in un rigido profilo e distinti dagli altri fedeli poiché posizionati, sulla sinistra della tavola, poco oltre la catena degli angeli, e quindi più vicini al Paradiso. In particolare evidenza sono anche i Domenicani [[4]], impegnati a fare gli onori di casa o, secondo altre interpretazioni, a essere intermediari tra cielo e fedeli, lontani solo di un passo dall'incoronazione della Vergine. Il pittore cerca di rappresentare nella pala una società universale e cosmopolita; ad esempio insiste su tipi e costumi fiamminghi, che tra i forestieri erano quelli di cui aveva più pratica, o ancora inserisce qualche dama di discendenza leonardesca per rappresentare lo stato di Milano. Il Brea mette in scena un grande spettacolo mondano e arciprofano. Cominciando con la santa vanitosa [[5]], che nella prima fila e nel bel mezzo del corteo celeste, si volta per farsi ritrarre, rompendo così l'atmosfera creata dal momento solenne. Neanche la folla inginocchiata può definirsi devota, intenta come è a commentare la notizia annunciata dagli angeli, e passata di bocca in bocca, come fosse un comune pettegolezzo nella buona società.

La tavola tecnicamente si allontana molto dal chiaroscuro di influenza leonardesca, che il pittore nizzardo adottò in lavori precedenti. Roberta De Beni analizzando le singole figure, ritiene che queste rispondano più agli stilemi della bottega piuttosto che a quelli del maestro stesso. Se il padre e il figlio che incoronano la vergine risultano più vicini al gusto del Brea, del resto è lecito pensare che abbia personalmente iniziato a dipingere l'opera dalla scena principale. I personaggi che si affollano tutt'intorno presentano caratteri talmente disomogenei che non possiamo escludere l'intervento da parte di collaboratori, che probabilmente si protrasse nel tempo, così come ci lasciano intravedere alcuni pentimenti e incongruenze; ad esempio riscontriamo dei ripensamenti negli abiti dei due sovrani, inginocchiati di spalle a chiudere il gruppo più prossimo all'incoronazione sul lato destro della tavola. Sull'altro lato, tra i frati domenicani rivolti verso la folla e il gruppo dei 4 santi intenti ad osservare l'incoronazione, è ancora interessante notare una testa di minori dimensioni e senza aureola, assolutamente incoerente con il resto della composizione. Sempre Roberta De Beni suppone che questa figura non sia stata inserita in un secondo momento per riempire uno spazio vuoto ma al contrario, sia stata dipinta precedentemente prima che la tavola subisse delle modifiche. E' infatti lecito pensare che la tavola abbia subito un cambiamento nella composizione della zona centrale che, però, deve essere ancora individuato.

Non meno interessante dell'Incoronazione delle Vergine stessa è la predella sottostante la tavola, con il Compianto di Cristo morto. Quest' opera ha permesso al Brea di toccare un valore poetico estremamente elevato, che il Castelnovi ritiene raro per l'artista nizzardo. Al centro della scena troviamo il Cristo morto, e intorno i personaggi che lo compiangono in una composizione semplice, ordinata e monumentale, nonostante le piccole dimensioni. Dietro di essi sfila un vasto paesaggio, una marina cosparsa di vele bianche, dove una Genova un po' di fantasia si incontra con un precisissimo promontorio di Portofino. La prospettiva è rapida e abbreviata, mentre lo spazio che ci troviamo dinnanzi è profondo e luminoso. Molti considerano questa predella come una delle prime, o forse meglio una delle più antiche rimaste intatte, rappresentazioni di Genova e del litorale ligure.

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Fonti

  • C.L.Foppiani, L.Pareto, M.Spinola, C.Pallavicino, G.C.Gandolfi, Descrizione di Genova e del genovesato, Volume 2, Genova 1846, pp.136-137: "Facendo ora il giro delle cappelle ci arresta il primo altare a man dritta di giuspatronato della casa Doria (come da lapide che vi si legge del 1653) la tavola d'Ognissanti, squisito lavoro del nizzardo Ludovico Brea. Questo pittore dei quattrocentisti è veramente degno di stare a fronte dei più valenti per la purezza del disegno e per la graziosa espressione delle figure, e se ne ha una ben chiara prova in questo dipinto. E' anche rimarchevole la vivacità dei colori per cui diresti or ora questa tavola uscita dalle mani dell'artefice."
  • Carlo Giuseppe Ratti, Istruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura, ed architettura ecc , Genova 1766, p.97: "...al primo altare a man destra la tavola d'Ognissanti è di Lodovico Brea."
  • Federigo Alizeri, Guida artistica per la città di Genova. Terza giornata, Genova 1846, [[6]]: "Quel che rimane di monumenti e memorie io serbo a luogo opportuno, cominciando per ordine il novero delle cappelle. La prima a destra costrutta dagli Spinoli ha la tavola d'Ognissanti di Ludovico Brea , Nizzardo, dipinta, come dice uno scritto, nel 1513; tavola che sorprende per un'infinità di figure, per molta evidenza e varietà d'espressioni, per un colorito vivace, robusto, delizioso, ignoto di que' tempi alla nostra scuola, e fra quante ne lasciò il Brea, la più moderna di tutte. Tali pregi gli procacciaron forse il nome di fondatore della scuola pittorica di Genova, ove molto dipinse; opinione ciecamente abbracciata dal Lanzi e da molti altri, ed acremente combattuta dal P. Spotorno. A veder questa tavola, unica rimastaci in luogo pubblico e con nome certo, mal s contraddirebbe il Lanzi ove loda in lui beltà delle teste, la vivacità de' colori; ma non so quanto le convenga la lode, ch'ei gli dà, di buon prospettivo , negatagli concordemente da' periti. L'opera si direbbe condotta in più anni e con molte osservazioni sul vero, tanto è copiosa e varia, e in mezzo a tanta copia e varietà, diligente. Vi si desidera maggiore pastosità ne' contorni, dote ricercata dagli allievi di lui, ma compensa quel tantin di secchezza con toni gagliardi oltre l'uso de' suoi tempi, e diresti che dov'è timido riesca gentile. Suo primo merito è l'esattezza del dintonare, e cercando ritratti dal vero onde arricchir la composizione, studiando il panneggiar maestoso e semplice, gli atteggiamenti spontanei, esce fuori con certe figure che si direbbero concette dal Ghirlandaio. L'impasto succoso a conservato insino a noi la resente composizione, che ride e brilla tuttora, come venuta testè dalle stanze del pittore. Era cosa degna di storico l'indagare da quale scuola o imitazione prendesse norma lo stile del Brea, che parve sì nuovo e squisito a' contemporanei della nostra città; questione che può dirsi sciolta dopo ciò che ne scrisse il benemerito P. Spotorno 4 Lascio all'osservatore la ricerca d'ogni bellezza in questa moltitudine d'episodii, non essendo del mio istituto il descrivere ma l'accennare le opere. - Il grado di quest'ancona ov'è espressa la sepoltura di Cristo passa comunemente per lavoro di Ludovico; né m'attenterò d'asserire altrimenti. Non dissimulo però certa diversità che mi par di discernere tra lo stile di questo e della tavola superiore; specialmente in quanto alle pieghe che quivi nel grado veston le figure con maestà e disinvoltura, e a grandi e scelti partiti, dove in quella tendono sempre al rettilineo. Anche il colorito è qui più gaio e trasparente, quale veggiamo ne' successori."
  • Filippo Baldinucci, Notizie de' professori del Disegno da Cimabue in qua con note e giunte di Giuseppe Piacenza, Volume 6, Milano 1811, p.167: "Tuttavia se belle sono le sovrariferite tavole, molto più bella ancora è quella di Ognissanti posta in Santa Maria de' Domenicani di Castello, colorita con particolare maestria dal valente Lodovico, e che ha l'epigrafe: Ludovicus Brea Niciensis faciebat anno 1513."
  • Giovanni Battista Spotorno, Storia letteraria della Liguria, Volume 2, Genova 1824, pp.328-329: "La tavola più recente del Brea si conserva nella chiesa de' PP. Domenicani in Castello, e rappresenta la gloria dei Santi. Vi si legge: Ludovicus Brea Niciensis faciebat anno 1513."
  • Raffaele Soprani, Le Vite de' Pittori, Scultori ed Architetti genovesi e de' Forastieri che in Genova operarono, con alcuni ritratti degli stessi, Genova 1674, p.13: "...le quali molto più si segnalarono poi nella Tavola d'Ogni Santi posta in S. Maria di Castello, colorita da quel Maestro con grand'essatezza, e segnata con il suo nome con Caratteri che dicono. Ludovicus Brea Niciensis faciebat anno 1513. dalla qual iscrittione potendosi computare la differenza d'anni 30. che trascorsero dalle suddette prime sue fatiche, fino alla presente, diremo non senza fondamento, ch'egli per tutto quello spazio di tempo tenne in Genoua la propria habitatione."
  • Vittorio Angius, Dizionario geografico, storico, statistico, commerciale degli stati di S.M. il re di Sardegna a cura di Goffredo Casalis, Volume 7, 1840, p.501: "Le pitture migliori sono:(...)la tavola d'Ognissanti di Lodovico Brea (...)."

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Bibliografia

  • Castelnovi, Gian Vittorio, Il Quattro e il primo Cinquecento, in: Bozzo-Dufour, Colette (a cura di), La pittura a Genova e in Liguria, Genova 1987, pp. 73-160.
  • Castelnovi,Gian Vittorio, Il Museo di S. Maria di Castello : guida per il visitatore, Genova 1960.
  • De Beni, Roberta ,Dalla pietà di Cimiez all'Incoronazione della Vergine di S.M. di Castello a Genova: analisi della tecnica pittorica in alcune opere di Ludovico Brea, in: Orengo, Maria Teresa (a cura di), L'arte dei Brea tra Francia e Italia: conservazione e valorizzazione Atti del Convegno (31 ottobre 2005), Firenze 2006, pp.37-49.
  • Iannacchino, Renato, Spazio Urbano e Spazio Sacro nella Genova del XV Secolo, in: La Casana, anno XLII, n°1, Gennaio-Marzo 2000.
  • Poleggi, Ennio, Santa Maria di Castello e il Romanico a Genova, Genova 1973.
  • Schwok, Claire-Lise , Louis Bréa ca. 1450 - ca. 1523, Paris 2005.

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Compilatore

Nome compilatore: Andrea Bocchi

Data: 30 Novembre 2010

Nome revisore: Antonie Rita Wiedemann

Responsabile: Maurizia Migliorini

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Immagini

Incoronazione della Vergine, Ludovico Brea (1513)

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Incoronazione della Vergine, Ludovico Brea (1513)

Particolare, i Domenicani

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Particolare, i Domenicani

Particolare, l'incoronazione

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Particolare, l'incoronazione

Particolare, una santa e due re

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Particolare, una santa e due re

Particolare, la committente Teodorina Spinola con i 2 figli

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Particolare, la committente Teodorina Spinola con i 2 figli

Ultimo aggiornamento 26 Ottobre 2022